Piramide vincent e Balmenhorn
Dopo una pausa Al Rifugio Margherita, decidiamo di riscendere. Nel pomeriggio le previsioni meteo non sono delle migliori e peggioreranno ulteriormente nella giornata di domani. Così decidiamo di unire le tappe e farle tutte in una giornata.
Durante la discesa il sole è coperto dalle nuvole, la luce cambia totalmente la percezione di quegli stessi paesaggi percorsi poco prima.
Passiamo sotto l’imponente Punta Parrot (4434 m), i ghiacci non sono stabili in questa particolare annata. Sono innumerevoli i blocchi staccati che giacciono lungo il cammino.
Ritorniamo al Colle de Lys (4246 m) per mirare nuovamente lo stesso paesaggio, tanto descritto nell’ultimo articolo, con una nuova luce e con dei nuovi occhi.
Dal colle scendiamo ancora per portarci in prossimità di una punta rocciosa, il Balmenhorn (4167 m). Una piccola ferrata attrezzata con delle funi ci separa dalla cima. Arrivati sulla sommità, ci attende il Cristo delle Vette, una statua di bronzo visibile per quasi tutto il tragitto. Sopra quest’altura è sito il Bivacco Felice Giordano.
Scendiamo dal Balmenhorn, dinanzi a noi si eleva l’ultima montagna da conquistare della giornata. In poco tempo ci portiamo sul Colle Vincent (4088 m). Iniziamo l’ascesa, i venti si fanno sempre più forti, fino ad arrivare sulla cima di Piramide Vincent (4215 m).
Siamo entusiasti della nostra avvenuta sul Monte Rosa, in un giorno abbiamo raggiunto tre vette sopra i 4000 m, rispettivamente: Punta Gnifetti (4554 m), Balmenhorn e Piramide Vincent. Adesso è ora di scendere, torniamo per la stessa strada dell’andata, direzione Rifugio Capanna Giovanni Gnifetti (3647 m).
Con la luce del giorno ripercorriamo il Ghiacciaio del Lys e ci accorgiamo realmente della profondità dei crepacci e dell’instabilità dei ghiacci. Avendolo attraversato di notte non avevamo potuto capire a pieno quanto stesse mal messo.
Profonde le crepe che come vasi sanguigni percorrono questi ghiacci. Appaiono Come ferite aperte, immensi tagli dai quali non è possibile vederne la fine. Anche se non fuoriesce del sangue, mi è istintivo percepire la grande quantità di energia dispersa. Uno spettacolo di tristezza in uno scenario adamantino. Immagino quell’ultimo cumulo di neve, dopo una nevicata a valle, intento a sciogliersi dopo il passar del freddo. La stessa cosa si ripresenta a 4000 m dove, i perenni ghiacci subiscono le ingiurie degli anni divenendo passeggeri, temporanei. Come la mortale vita…